La “mala scuola” di Renzi e Giannini continua a far danni. di Francesca Anna Visone.

A pochi giorni dall’ inizio del nuovo anno scolastico, continuano a farsi sentire gli effetti nefasti della Legge 107, cosiddetta “Buona Scuola”

È suonata già da qualche giorno la prima campanella per circa 8 milioni di studenti che si accingono a tornare sui libri. Un anno scolastico che le premesse governative lasciavano intendere come l’anno perfetto, l’anno della svolta, quello che avrebbe visto la scuola italiana finalmente svecchiarsi dagli anacronistici sistemi organizzativi passati e avviarsi ad essere un’istituzione degna dello scenario europeo in cui è inserita. Ed invece basta addentrarsi tra i corridoi per scorgere qualcosa di molto diverso: una situazione drammatica che porta il 2016/17 ad assumere il connotato dell’anno nefasto, forse il più nefasto degli ultimi anni, della nostra scuola.

Classi senza docenti, cattedre ancora vacanti a causa di un piano d’assunzione lasciato in mano ad un algoritmo che, in modalità ancora tutte da chiarire, ha stravolto vite e destini di migliaia di persone chiamate, da un giorno all’altro, a lasciare le proprie città e regioni per trasferirsi senza se e senza ma. Un algoritmo che non è riuscito nell’intento prefissato: arrivare a settembre in condizioni, se non ideali, quanto meno dignitose. Ed eccoci dunque di fronte ad assegnazioni ferme, incarichi annuali bloccati in attesa che vengano individuati gli aventi diritto alle cattedre, precari destinati a restare precari e soprattutto un numero altissimo di vincitori di concorso ancora oggi senza una sede.
Ma procediamo con ordine, partendo proprio da quello che potremmo definire un “concorso truffa”, ultimo omaggio della legge 107, altrimenti detta “Buona Scuola”. Il concorso, che avrebbe dovuto stabilizzare 63.712 insegnanti, di fatto, garantirà l’accesso al ruolo ad un numero molto più esiguo di docenti. Colpa delle bocciature “selvagge”, che in alcune regioni e classi di concorso hanno toccato picchi anche del 90%, dovute, diversamente da quanto si è lasciato credere, non all’impreparazione dei docenti ma a modalità di svolgimento delle prove decisamente poco consone a valutare effettivamente le loro reali competenze. Ridotti alla stregua di dattilografi, costretti ad elaborare otto risposte ad altrettante domande articolate su argomenti a dir poco complessi in circa dieci minuti ciascuna, usando computer malfunzionanti e in assenza di precise indicazioni circa i criteri di valutazione degli elaborati scritti, i docenti che non sono rientrati tra i pochi “fortunati” vincitori subiranno oltre al danno della non assunzione, anche la beffa.

E già, perché la legge 107 parla chiaro: non importa se si è già stati più volte selezionati attraverso procedure concorsuali per l’accesso a corsi abilitanti o se si ha un’esperienza di insegnamento decennale, dopo 36 mesi a partire da ora le istituzioni scolastiche non potranno più assumere i precari.

Aumenta dunque il numero di supplenti e ad occupare i posti lasciati liberi dai non vincitori di concorso saranno paradossalmente i non vincitori di concorso stessi, ammesso non abbiano superato il fatidico limite imposto dal governo, dopodiché potrebbero essere scavalcati, nell’ assegnazione delle cattedre annuali, da neolaureati senza titoli e senza esperienza e soprattutto, mai selezionati. 
Il termine dei 36 mesi non è casuale ma adegua la legislazione nazionale ad una norma europea che prevede l’assunzione a tempo indeterminato, come è giusto che sia, per chi di fatto a tempo indeterminato già lavora, ma senza nessuna tutela. E di tutele continueranno a non essercene, perché il limite imposto non determinerà una stabilizzazione contrattuale, ma l’esclusione da qualsiasi tipo di graduatoria.
Per i pochi fortunati che hanno superato le selezioni, come si è accennato, la sorte non è stata più favorevole. Nonostante il numero spropositato di posti messi a bando, quasi sicuramente non rappresentativo di una reale disponibilità a livello nazionale, anche i vincitori ormai certi del buon esito delle proprie fatiche, i primi giorni di settembre hanno avuto un amaro risveglio: i posti promessi, in particolare nelle regioni del Sud, non sono più disponibili. Colpa della mobilità che ha determinato uno spostamento sul territorio di circa 205.444 docenti e di conseguenza l’occupazione di cattedre rese inizialmente disponibili per i vincitori di concorso, ai quali nella maggior parte dei casi è stata assegnata una sede diversa da quella prescelta, salvo poi accorgersi che le cattedre nella regione di provenienza sono rimaste vacanti.
Infine, resta ancora da stabilire quale sarà il ruolo effettivo dei docenti appartenenti al cosiddetto “organico potenziato”, le cui mansioni nello scorso anno scolastico risultavano già poco definite. Nella migliore delle ipotesi sono stati realizzati progetti paradossalmente elaborati ad hoc successivamente al loro inserimento ma nella peggiore sono stati ridotti alla stregua di “tappabuchi” nelle giornate di assenza dei colleghi. Nonostante ciò, ad oggi, non è stata definita per loro una precisa collocazione. Resta l’ipotesi secondo cui non potranno essere impiegati sulle cattedre rimaste vacanti ma anche su questo argomento nelle segreterie scolastiche sembra esserci parecchia confusione.

Il caos regna dunque, e a pagarne le spese, come sempre, gli studenti. Il piano di miglioramento dell’offerta formativa annunciato con la Legge 107, fa acqua da tutte le parti. E a determinare questo collasso didattico non sono solo i problemi delle mancate assunzioni e del fallimento del piano di reclutamento dei docenti, ma anche gli scarsi risultati dell’introduzione dell’obbligatorietà dell’alternanza scuola lavoro nei licei previsto dall’ articolo 4 del decreto “La Buona scuola” che, a partire dall’anno scolastico 2015/2016, rende i percorsi di alternanza scuola-lavoro obbligatori non solo negli istituti tecnici e professionali, ma anche nei licei dal terzo anno in poi. Nell’alternanza rientrano anche progetti che riguardano l’impresa formativa simulata. Compito del Miur quello di istituire il Registro nazionale delle imprese per l’alternanza scuola lavoro suddiviso in sezioni regionali su cui indicare le aziende disponibili a svolgere i percorsi .Nella pratica, la sospensione dalle attività didattiche per lo svolgimento del tirocinio non aggiunge però nulla alle competenze di uno studente liceale, che nel migliore dei casi si riduce a prestare manodopera a costo zero in aziende che nulla hanno a che vedere con il proprio percorso di studi.

Ad aggravare la situazione, l’istituzione del bonus per i docenti “particolarmente meritevoli” e la “spada di Damocle” della chiamata diretta da parte dei dirigenti che pesa sulle teste degli insegnanti, ormai messi gli uni contro gli altri per difendere il proprio stipendio e la propria posizione. Resta da capire come possa un dirigente, che presumibilmente non possiede competenze in ciascuna delle discipline insegnate, stabilire un criterio di merito in maniera oggettiva senza lasciarsi andare a considerazioni di carattere soggettivo. E nella corsa per raggiungere il “baluardo” del merito, sempre più docenti sgomitano l’un con l’altro per accaparrarsi l’iscrizione a corsi, nuovi ruoli all’interno della scuola, funzioni e incarichi che nulla hanno a che vedere con la didattica e che, di fatto, alla didattica così come viene tradizionalmente intesa, tolgono tempo ed energie.
Ed è questo dunque il quadro che si prospetta davanti ai nostri occhi in questi giorni. Giorni di attesa, di speranze. Attesa da parte degli studenti, che aspettano che venga garantito il loro sacrosanto diritto all’istruzione con la nomina degli insegnanti e l’avvio della programmazione didattica. Attesa da parte dei docenti, precari e non, perché vengano rispettate le promesse di stabilizzazione. Ed attesa perché venga riconosciuta la possibilità di un referendum contro la Buona Scuola, per il quale circa due milioni di firme sono state raccolte. Attesa di un futuro migliore, il risveglio di una coscienza di classe tra insegnanti e spirito di collaborazione tra docenti e studenti uniti per un obiettivo comune, un sistema di istruzione che garantisca pari opportunità agli studenti, una scuola realmente inclusiva volta alla valorizzazione delle differenze e al rispetto delle peculiarità individuali, il miglioramento delle infrastrutture, il finanziamento di interventi volti a garantire il diritto allo studio di tutti ed in particolar modo delle fasce più deboli della popolazione, modalità di reclutamento dei docenti che rispettino i principi di equità e meritocrazia, la realizzazione di una buona scuola, ma che stavolta, sia buona davvero.


Francesca Visone

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