A pochi
giorni dall’ inizio del nuovo anno scolastico, continuano a farsi sentire gli
effetti nefasti della Legge 107, cosiddetta “Buona Scuola”
È suonata già da
qualche giorno la prima campanella per circa 8 milioni di studenti che si
accingono a tornare sui libri. Un anno scolastico che le premesse governative
lasciavano intendere come l’anno perfetto, l’anno della svolta, quello che
avrebbe visto la scuola italiana finalmente svecchiarsi dagli anacronistici
sistemi organizzativi passati e avviarsi ad essere un’istituzione degna dello
scenario europeo in cui è inserita. Ed invece basta addentrarsi tra i corridoi
per scorgere qualcosa di molto diverso: una situazione drammatica che porta il
2016/17 ad assumere il connotato dell’anno nefasto, forse il più nefasto degli
ultimi anni, della nostra scuola.
Classi senza
docenti, cattedre ancora vacanti a causa di un piano d’assunzione lasciato in
mano ad un algoritmo che, in modalità ancora tutte da chiarire, ha stravolto
vite e destini di migliaia di persone chiamate, da un giorno all’altro, a lasciare
le proprie città e regioni per trasferirsi senza se e senza ma. Un algoritmo
che non è riuscito nell’intento prefissato: arrivare a settembre in condizioni,
se non ideali, quanto meno dignitose. Ed eccoci dunque di fronte ad assegnazioni
ferme, incarichi annuali bloccati in attesa che vengano individuati gli aventi
diritto alle cattedre, precari destinati a restare precari e soprattutto un
numero altissimo di vincitori di concorso ancora oggi senza una sede.
Ma procediamo con
ordine, partendo proprio da quello che potremmo definire un “concorso truffa”,
ultimo omaggio della legge 107, altrimenti detta “Buona Scuola”. Il concorso,
che avrebbe dovuto stabilizzare 63.712 insegnanti, di fatto, garantirà
l’accesso al ruolo ad un numero molto più esiguo di docenti. Colpa delle
bocciature “selvagge”, che in alcune regioni e classi di concorso hanno toccato
picchi anche del 90%, dovute, diversamente da quanto si è lasciato credere, non
all’impreparazione dei docenti ma a modalità di svolgimento delle prove decisamente
poco consone a valutare effettivamente le loro reali competenze. Ridotti alla
stregua di dattilografi, costretti ad elaborare otto risposte ad altrettante
domande articolate su argomenti a dir poco complessi in circa dieci minuti
ciascuna, usando computer malfunzionanti e in assenza di precise indicazioni
circa i criteri di valutazione degli elaborati scritti, i docenti che non sono
rientrati tra i pochi “fortunati” vincitori subiranno oltre al danno della non
assunzione, anche la beffa.
E già, perché la
legge 107 parla chiaro: non importa se si è già stati più volte selezionati
attraverso procedure concorsuali per l’accesso a corsi abilitanti o se si ha
un’esperienza di insegnamento decennale, dopo 36 mesi a partire da ora le
istituzioni scolastiche non potranno più assumere i precari.
Aumenta dunque il
numero di supplenti e ad occupare i posti lasciati liberi dai non vincitori di
concorso saranno paradossalmente i non vincitori di concorso stessi, ammesso
non abbiano superato il fatidico limite imposto dal governo, dopodiché
potrebbero essere scavalcati, nell’ assegnazione delle cattedre annuali, da
neolaureati senza titoli e senza esperienza e soprattutto, mai
selezionati.
Il termine dei 36
mesi non è casuale ma adegua la legislazione nazionale ad una norma europea che
prevede l’assunzione a tempo indeterminato, come è giusto che sia, per chi di
fatto a tempo indeterminato già lavora, ma senza nessuna tutela. E di tutele
continueranno a non essercene, perché il limite imposto non determinerà una
stabilizzazione contrattuale, ma l’esclusione da qualsiasi tipo di graduatoria.
Per i pochi
fortunati che hanno superato le selezioni, come si è accennato, la sorte non è
stata più favorevole. Nonostante il numero spropositato di posti messi a bando,
quasi sicuramente non rappresentativo di una reale disponibilità a livello
nazionale, anche i vincitori ormai certi del buon esito delle proprie fatiche,
i primi giorni di settembre hanno avuto un amaro risveglio: i posti promessi,
in particolare nelle regioni del Sud, non sono più disponibili. Colpa della
mobilità che ha determinato uno spostamento sul territorio di circa 205.444 docenti
e di conseguenza l’occupazione di cattedre rese inizialmente disponibili per i
vincitori di concorso, ai quali nella maggior parte dei casi è stata assegnata
una sede diversa da quella prescelta, salvo poi accorgersi che le cattedre
nella regione di provenienza sono rimaste vacanti.
Infine, resta
ancora da stabilire quale sarà il ruolo effettivo dei docenti appartenenti al
cosiddetto “organico potenziato”, le cui mansioni nello scorso anno scolastico
risultavano già poco definite. Nella migliore delle ipotesi sono stati
realizzati progetti paradossalmente elaborati ad hoc successivamente al loro inserimento ma nella peggiore sono
stati ridotti alla stregua di “tappabuchi” nelle giornate di assenza dei
colleghi. Nonostante ciò, ad oggi, non è stata definita per loro una precisa
collocazione. Resta l’ipotesi secondo cui non potranno essere impiegati sulle
cattedre rimaste vacanti ma anche su questo argomento nelle segreterie
scolastiche sembra esserci parecchia confusione.
Il caos regna
dunque, e a pagarne le spese, come sempre, gli studenti. Il piano di
miglioramento dell’offerta formativa annunciato con la Legge 107, fa acqua da
tutte le parti. E a determinare questo collasso didattico non sono solo i
problemi delle mancate assunzioni e del fallimento del piano di reclutamento
dei docenti, ma anche gli scarsi risultati dell’introduzione
dell’obbligatorietà dell’alternanza scuola lavoro nei licei previsto dall’ articolo
4 del decreto “La Buona scuola” che, a partire dall’anno scolastico 2015/2016,
rende i percorsi di alternanza scuola-lavoro obbligatori non solo negli istituti
tecnici e professionali, ma anche nei licei dal terzo anno in poi.
Nell’alternanza rientrano anche progetti che riguardano l’impresa formativa
simulata. Compito del Miur quello di istituire il Registro nazionale delle
imprese per l’alternanza scuola lavoro suddiviso in sezioni regionali su cui indicare
le aziende disponibili a svolgere i percorsi .Nella pratica, la sospensione
dalle attività didattiche per lo svolgimento del tirocinio non aggiunge però
nulla alle competenze di uno studente liceale, che nel migliore dei casi si
riduce a prestare manodopera a costo zero in aziende che nulla hanno a che
vedere con il proprio percorso di studi.
Ad aggravare la
situazione, l’istituzione del bonus per i docenti “particolarmente meritevoli”
e la “spada di Damocle” della chiamata diretta da parte dei dirigenti che pesa
sulle teste degli insegnanti, ormai messi gli uni contro gli altri per
difendere il proprio stipendio e la propria posizione. Resta da capire come
possa un dirigente, che presumibilmente non possiede competenze in ciascuna
delle discipline insegnate, stabilire un criterio di merito in maniera
oggettiva senza lasciarsi andare a considerazioni di carattere soggettivo. E
nella corsa per raggiungere il “baluardo” del merito, sempre più docenti
sgomitano l’un con l’altro per accaparrarsi l’iscrizione a corsi, nuovi ruoli
all’interno della scuola, funzioni e incarichi che nulla hanno a che vedere con
la didattica e che, di fatto, alla didattica così come viene tradizionalmente
intesa, tolgono tempo ed energie.
Ed è questo dunque
il quadro che si prospetta davanti ai nostri occhi in questi giorni. Giorni di
attesa, di speranze. Attesa da parte degli studenti, che aspettano che venga
garantito il loro sacrosanto diritto all’istruzione con la nomina degli
insegnanti e l’avvio della programmazione didattica. Attesa da parte dei
docenti, precari e non, perché vengano rispettate le promesse di
stabilizzazione. Ed attesa perché venga riconosciuta la possibilità di un
referendum contro la Buona Scuola, per il quale circa due milioni di firme sono
state raccolte. Attesa di un futuro migliore, il risveglio di una coscienza di
classe tra insegnanti e spirito di collaborazione tra docenti e studenti uniti
per un obiettivo comune, un sistema di istruzione che garantisca pari
opportunità agli studenti, una scuola realmente inclusiva volta alla
valorizzazione delle differenze e al rispetto delle peculiarità individuali, il
miglioramento delle infrastrutture, il finanziamento di interventi volti a
garantire il diritto allo studio di tutti ed in particolar modo delle fasce più
deboli della popolazione, modalità di reclutamento dei docenti che rispettino i
principi di equità e meritocrazia, la realizzazione di una buona scuola, ma che
stavolta, sia buona davvero.
Francesca Visone
Commenti