“Benvenuti studenti” è lo slogan con cui il colosso
americano Mc Donald’s ha dato inizio all’accordo firmato con il MIUR
nell’ambito dell’incontro denominato “Campioni dell’alternanza”. La nota
multinazionale è una delle 16 aziende con cui il MIUR ha stipulato il
protocollo di intesa, in cui gli studenti svolgeranno i percorsi di alternanza
scuola-lavoro nell’ a.s. 2016-2017. Di fatto, un altro passo verso la
privatizzazione della scuola pubblica.
Albert Einstein
diceva che “la mente è come un paracadute, funziona solo se si apre”. Ed era
convinto che una popolazione informata fosse una popolazione in grado di agire.
E aprire le menti, formare delle teste pensanti in grado di informarsi, è uno
degli obiettivi che un sistema educativo che si rispetti dovrebbe porsi.
Insegnare a pensare, non cosa pensare, dovrebbe essere il principio regolatore
alla base di qualsiasi metodologia didattica. Ma stiamo davvero procedendo in
questa direzione?
Aveva già fatto
discutere l’obbligatorietà dell’inserimento di percorsi di alternanza
scuola-lavoro e la sua introduzione nei licei prevista dalla legge 107/2015 in
un sistema scolastico oggettivamente già carente di mezzi e strumenti per lo
svolgimento della didattica tradizionalmente intesa, che si è rivelato poi
inadeguato nella realizzazione di questo tipo di formazione specifica. Ed ecco
arrivare, quasi in sordina, come a voler rincarare la dose, l’accordo tra il
MIUR e Mc Donald’s, una delle più note multinazionali al mondo. E così, grazie
ad una ingegnosa manovra, il governo manderà diecimila studenti a svolgere il
periodo di tirocinio, obbligatorio in quanto propedeutico al conseguimento del
diploma di maturità, a svolgere mansioni di discutibile valore didattico presso
uno dei 500 dei fast food americani sparsi in tutta Italia.
Viene da chiedersi
se questo non sia un tentativo di impiegare, o meglio sfruttare, manovalanza a
costo zero. Viene da chiedersi soprattutto cosa andranno ad imparare questi
ragazzi mentre friggeranno patatine e imbottiranno panini, se non la cultura
degli allevamenti intensivi che provoca danni non solo agli animali ma anche
all’ambiente e alla salute delle persone, la speculazione capitalista messa in
atto anche nel campo dell’industria alimentare,
l’uso e abuso di Coca-Cola e junk food anziché la promozione di uno
stile di vita e di una dieta sani e infine la precarizzazione, o meglio il vero
e proprio sfruttamento, dei lavoratori. Viene da chiedersi quali siano gli
obiettivi didattici alla base di questo accordo, che di didattico sembra non
avere nulla.
Certo, non è del
tutto da escludere il superamento della linea di confine tra scuola e lavoro.
Se sostenuto da una linea teorica critica, l’intrecciarsi del mondo lavorativo
e quello dell’istruzione potrebbe rappresentare un’importante fonte di
apprendimento, nell’ottica di uno sviluppo di competenze specifiche. Ma
stabilire delle connessioni tra scuola e lavoro non può e non deve significare asservire
la prima al secondo, non può e non deve adeguare l’educazione alla logica delle
multinazionali.
E invece alienazione,
subordinazione e nessuna possibilità di sviluppo del pensiero critico sembrano
essere proprio gli elementi caratterizzanti questo nuovo fardello che è stato consegnato
qualche giorno fa in maniera coercitiva nelle nostre scuole grazie ad un nesso
istruzione-lavoro che rappresenta di fatto una sottomissione della scuola al
sistema capitalistico.
Una scuola che
diventa sempre più figlia di questo tempo insomma, che guarda al profitto e non
all’istruzione, che sottrae tempo all’apprendimento e lo regala alle multinazionali,
al lavoro precario e sottopagato, se non addirittura gratuito. Tempo prezioso,
che non tornerà indietro.
Como, 03 Novembre 2016
Francesca Anna Visone
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