«Otto bambini morti negli ultimi venti giorni. Aumenta il numero dei bambini che si ammalano di patologie tumorali nell’area a Nord di Napoli designata quale “Terra dei Fuochi”. Ieri, a Mezzocannone, c’è stata un’assemblea per discutere di questo ennesimo picco di mortalità e delle prossime date di mobilitazione».

Ancora. Brucia ancora. La Terra dei Fuochi non ha mai smesso di bruciare. E brucia 365 giorni all’anno, 24 ore al giorno, minuto dopo minuto, attimo dopo attimo e poi ancora, sempre di più, fino a confondersi con l’aria, con l’acqua, con la vita. Restano sotterrate le tonnellate di rifiuti tossici che ormai da anni avvelenano quelle terre e quelle falde acquifere. Brucia la terra in questo territorio devastato dalle ecomafie, nell’apparente disinteresse delle istituzioni, celata dietro la perfidia delle organizzazioni criminali che su quei rifiuti che bruciano ci speculano in giri di affari di milioni di euro. Brucia tra la rabbia, la paura, la voglia di giustizia e di ricominciare a vivere, a respirare, di chi in quei territori ci vive e ci muore. Brucia insieme alla rassegnazione quando la puzza dei roghi è così forte da togliere anche la voglia di reagire. Brucia e quell’odore acre impregna le narici e quasi toglie il respiro, quell’odore così forte che nasconde anche l’odore del mare.

Nei Comuni a Nord di Napoli di puzza di roghi tossici ancora oggi si muore ed è una fortuna quando quella puzza non ti fa ammalare. Ma questa fortuna non ce l’hanno tutti e i dati pubblicati qualche giorno fa dall’Istituto Superiore di Sanità sulla situazione epidemiologica nei 55 comuni tra Napoli e Caserta identificati dalla Legge 6/2014 come “Terra dei Fuochi” parlano di un «carico di patologie, nell’area in esame, per il quale le esposizioni a emissioni e rilasci dei siti di smaltimento e combustione illegale dei rifiuti possono avere svolto un ruolo causale o concausale»; parlano di un incremento nel numero dei morti, di più ricoveri e tumori rispetto alla media regionale; parlano di esistenze distrutte, di uomini, donne e soprattutto bambini che la loro battaglia per quella vita che la camorra gli ha rubato, l’hanno persa.

Sì, perché i dati più preoccupanti riguardano i bambini. Otto bambini morti negli ultimi venti giorni. Un’emergenza senza precedenti di cui le istituzioni non sembrano preoccuparsi, nonostante sia evidente il nesso causale tra devastazione ambientale e aumento delle patologie tumorali, nonostante le rivendicazioni dei cittadini di quei territori torturati. Otto bambini che vanno ad aggiungersi a tutti gli altri bambini che per la loro morte prematura ed iniqua non avranno giustizia.

Ma giustizia vogliono, chiedono ed esigono le mamme del comitato “Vittime della Terra dei Fuochi”, che il 6 febbraio scorso hanno urlato ancora una volta la loro rabbia davanti alla prefettura di Napoli per i loro bambini che non ci sono più. Giustizia pretendono le migliaia di persone che da anni lottano per il loro diritto alla salute e alla vita e le migliaia di vite spezzate, insieme al loro coraggio e alle loro storie di dolori ed orrori. Giustizia hanno chiesto ancora una volta ieri, 18 febbraio, le centinaia di persone riunite in assemblea in zona Mezzocannone a Napoli, che hanno discusso delle criticità del nuovo piano rifiuti e che lottano ogni giorno per agire, unire le battaglie, e provare a bloccare il disastro ambientale e il nuovo piano regionale dello smaltimento dei rifiuti.

E i numerosi comitati esistenti stanno ancora riempiendo l’agenda di iniziative per i giorni a venire, perché sia ribadito con forza che c’è bisogno subito un piano serio di riqualifica del territorio. Serve che venga subito messo a punto un risanamento ambientale e che vengano immediatamente fermati gli smaltimenti e le combustioni illegali dei rifiuti. Serve che venga interrotta la realizzazione di nuove discariche e che venga bloccato l’ampliamento dell’impianto di incenerimento già esistente ad Acerra. Serve che venga adottato un modello virtuoso di gestione dei rifiuti. Serve che l’attenzione sulla lotta alle ecomafie assuma subito rilevanza nazionale. Serve che qualcuno inizi a preoccuparsi di questa terra martoriata e maltrattata. Serve adesso. Serve subito. Prima che sia davvero troppo tardi.


Francesca Anna Visone