È stata inaugurata ieri mattina una nuova stazione dell’Alta Velocità in Campania, alla presenza del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e del Governatore della Regione Campania Vincenzo De Luca. Una linea ferroviaria che verrà definitivamente aperta al pubblico domenica 11 giugno e che sposterà le partenze e gli arrivi di 36 treni da Napoli ad Afragola, paese dell’hinterland napoletano. Una linea ferroviaria che ha fatto molto parlare di sé negli ultimi tempi, in primis perché pare che l’area in cui è stata costruita sia completamente circondata dai terreni di proprietà della famiglia Moccia, uno dei clan più in vista nella malavita organizzata della zona. Questa struttura, che occupa una superficie di circa trentamila metri quadri in un’area prevalentemente destinata all’agricoltura, non sembra rappresentare una reale opportunità per i cittadini del territorio che si vedranno costretti a percorrere molti chilometri in più rispetto al passato per poter accedere ai treni. Senza contare che l’enorme edificio, costato allo Stato circa cento milioni di euro, va a danneggiare un’area già di per sé deturpata dai disastri ambientali dovuti allo smaltimento illegale dei rifiuti e lo sversamento di rifiuti tossici. Ricordiamo che Afragola, insieme a Casalnuovo, Acerra, Caivano, Frattamaggiore e gli altri comuni limitrofi della zona, fa parte del cosiddetto “triangolo della morte” poiché è uno dei comuni della “Terra dei Fuochi” maggiormente colpiti dalla mortalità infantile per tumori e altre malattie. 

Si tratta, pertanto, di un’area che necessiterebbe anzitutto di una bonifica e un piano di risanamento ambientale volto alla salvaguardia della salute dei cittadini e non di opere pubbliche che ai cittadini creano più disagi che vantaggi.

Ed è proprio con l’obiettivo di manifestare il proprio dissenso contro i rischi derivanti dalla costruzione della linea TAV che alcuni attivisti ieri mattina si sono recati alla stazione centrale di Napoli e lì sono stati bloccati dalle forze dell’ordine.

Fabiano Panza, ferito durante gli scontri, dichiara che “l’intenzione era semplicemente quella di andare in prossimità del treno che andava verso l’inaugurazione”. Ci racconta: “non si è trattato di una vera e propria manifestazione. Noi siamo arrivati lì semplicemente per manifestare il nostro dissenso ma non appena siamo arrivati ci sono venuti incontro celerini in tenuta antisommossa e hanno iniziato a spintonarci, ci hanno bloccati al muro e poi hanno iniziato a prenderci a calci e pugni. Eravamo solo un gruppo di persone che si era dato appuntamento ai piedi del treno per dissentire contro gli affari tra lo Stato e il clan dei Moccia”.

Anche Raniero Madonna, anch’egli attivista presente ieri mattina in stazione, ci racconta come si sono svolti i fatti e quali sono le ragioni della protesta: “la kermesse organizzata per l’inaugurazione a cui hanno partecipato il Presidente della Regione De Luca e Gentiloni rappresenta l’ennesimo bottino che si stanno spartendo i potenti di questa regione, che portano i nomi e i cognomi dei clan di camorristi. In particolare ad Afragola è palese che il clan dei Moccia abbia interessi in questo territorio. Noi non smetteremo di lottare contro questo tipo di dinamiche sul nostro territorio. Siamo stati fermati dalle forze dell’ordine ancora prima di accedere al treno, con la forza, con una dinamica da rissa. Siamo riusciti a portare il nostro messaggio al binario e questo messaggio ha fatto avere loro una reazione forte, ma questo si inserisce in un clima di operazioni criminali possibili solo perché il loro operato violento e ingiustificato non viene mai condannato dagli organi dello Stato”.

La repressione del dissenso a cui abbiamo assistito questa mattina alla stazione di Napoli si inserisce in un quadro sempre più oppressivo verso cui sta andando la gestione della politica italiana. Basti pensare a ciò che è accaduto solo pochi giorni fa in occasione del G7 di Taormina, dove decine di attivisti, tra cui anche il compagno di Como Lorenzo Baldino, sono stati fermati e rispediti a casa con un foglio di via, solo per essersi recati in loco allo scopo di manifestare il proprio disaccordo allo svolgimento del vertice. Oppure alle lotte delle compagne e dei compagni in Val di Susa, che da anni subiscono le conseguenze della lotta contro lo scempio ambientale della costruzione della linea TAV e contro il prevalere di interessi economici su quelli che effettivamente costituirebbero beneficio per la popolazione.


Il Partito della Rifondazione Comunista di Como esprime pertanto solidarietà alle compagne e ai compagni di Napoli che ieri mattina hanno subito l’ennesimo attacco alla libertà di espressione e di pensiero. Uniti nella lotta.  

Como, 07/06/2017