di Pierluigi Tavecchio – RSU FLC-CGIL del Liceo Carlo Porta di erba (CO).
Il DM 37 del 18 gennaio 2019 fa aumentare lo sconcerto e i dubbi sulle indicazioni del ministero a proposito degli esami di stato conclusivi del secondo ciclo di istruzione per le modalità e per i contenuti del provvedimento.
1.Le modalità per prima cosa.
Una “riforma “del genere, che chiama in causa l’organizzazione della didattica e le modalità di valutazione, non può essere imposta di punto in bianco a docenti e a studenti ormai giunti alla conclusione del ciclo di studi.
In altre parole gli studenti che fanno la quinta hanno lavorato negli ultimi due anni sapendo di dover affrontare un esame con tre prove scritte, con una prova orale sostenuta a partire dal loro approfondimento o tesina che dir si voglia.
Invece, a settembre abbiamo saputo che sarebbero state abolite terza prova e “tesina”, e da una settimana, a metà anno scolastico, sappiamo come dovrebbero essere le nuove prove orali.
Non si può, come ha fatto il ministro, cambiare le regole “in corsa”.
Come minimo una nuova modalità di esame sarebbe dovuta entrare in vigore nell’anno scolastico 2020/21, cioè per gli studenti che oggi fanno la terza.
Sempre sulle modalità: non sappiamo dove il ministero abbia tratto spunto per elaborare il nuovo esame di stato. Sicuramente NON attraverso una consultazione pubblica dei docenti e degli studenti “maturati” che, se c’è stata, ci è proprio sfuggita.
Siamo attraversati dal dubbio che i cambiamenti proposti vadano ad accontentare “gli umori” le sensazioni di “pancia” che attraversano la scuola italiana.
Sono stati ascoltati luoghi comuni del tipo:
“ecco un esame che sembra più facile senza la terza prova”
“ecco un esame che sembra più corto per i docenti con meno scritti da correggere”
“arrivano le griglie ministeriali? Benone, meno sbattimento”!
“Ecco un orale senza ‘sta palla delle tesine che tanto, si sa, sono per metà scaricate da internet e per metà strazianti ricerchine delle scuole medie” e via di questo passo”. 
In questo modo si accontentano tutti, in modo populistico: studenti e famiglie che non vedono l’ora di “uscire” e docenti che, pagati ancora come nel 2007, pensano: “dai che per il 3 o 4 luglio è finita”.
È così che ci spieghiamo il silenzio degli studenti e anche il nostro, ancora più colpevole, di educatori.
Ma noi non ci sentiamo di tacere ancora.
Per prima cosa dobbiamo correre ai ripari, perché in tutta sincerità non conosciamo molti esempi di consigli di classe che lavorano in modo sistematico sui “nodi concettuali caratterizzanti le diverse discipline” che il DM cita. E ne conosciamo ancora meno che interrogano con queste modalità.
2.Venendo ai contenuti.
A parte la comicità delle tre buste alla Mike Bongiorno, ci fa sorridere l’idea di un colloquio organizzato secondo modalità mai sperimentate prima, o simulate, anche se il ministro nulla prevede per gli orali, uno o due mesi prima di giugno.
O si applicheranno le disposizioni del DM, e si andrà al massacro, oppure all’ italiana, si verbalizzerà una cosa e se ne farà un’altra, facendo i ‘ soliti’ orali distinti per materie.
Anche perché, provate a pensarci, colleghi prof, riusciamo a definire un nodo concettuale per alunno ( + 2)? Quindi dai 15 ai 30 nodi concettuali per classe? Provandoci ed arrampicandoci sugli specchi si arriva a 10/12.
E questo dividendo in grandi aree le discipline e distinguendo tra quelle ‘scientifiche’ e quelle ‘umanistiche’, perchè se pensiamo a nodi concettuali più articolati il numero si riduce arrivando molto vicino allo zero.
Le cose si complicano poi se pensiamo a indirizzi come quelli liceali nei quali quest’anno discipline come storia e filosofia cruciali in ogni snodo disciplinare, rischiano di non essere valutabili non essendo previste come materie esterne.
Ma soprattutto, anche ammettendo di individuare nodi interdisciplinari effettivamente trattati dai docenti e quindi noti agli studenti, che profondità di trattazione possiamo aspettarci da ventenni che dovranno esporre a partire da un nodo sorteggiato tra trenta alternative possibili?
Già è difficile per molti studenti, e lo sa bene chi a scuola lavora, cogliere e sviluppare i collegamenti interdisciplinari elaborando le tesine e mettendo la testa per qualche mese su UN SOLO NODO CONCETTUALE.
Figuriamoci cosa succederà se gli studenti dovranno tenerne TRENTA sotto controllo.
 Sappiamo di chiedere molto, ma la soluzione può essere l’azzeramento, per quest’anno, delle disposizioni relative alla prova orale, dando ampio margine ad ogni commissione di organizzarlo in base alle caratteristiche della classe e alle metodologie effettivamente seguite.
Seconda parte della soluzione potrebbe essere l’avvio di una consultazione SERIA, scuola per scuola, (non un sondaggio farlocco come quel fatto ai tempi della ‘ buona scuola”) sul tema della valutazione perché, ad esempio le esperienze compiute finora ci portano ad essere critici sia sulla totale abolizione della terza prova scritta che sulla cancellazione delle “tesine”.
Como, 27/01/2019