di Pierluigi Tavecchio - segretario provinciale Rifondazione Comunista Como.
Fino a questa mattina non sapevamo come fosse andato l’incontro tra i rappresentanti sindacali e i proprietari del gruppo Bormio srl sul destino della cartiera di Pontelambro e degli operai che ci lavorano.

Avevamo in mente però ,come sarebbe potuto finire bene per i lavoratori, questo incontro.
L’ incontro sarebbe finito bene con la promessa , da parte dei padroni, di smetterla con un brutto vizio, che sta portando alla rovina.
Le scorte di carta che giacciono invendute ,perchè maleodoranti e di cattiva qualità , sono il pretesto per chiudere , ma non sono frutto del caso.
Da anni , ci dicono i lavoratori, per risparmiare i proprietari della cartiera usano materia prima di pessima qualità, dove insieme alla carta riciclata si trova fino al 15% di rifiuti di ogni genere, che marciscono ,appestano  l ‘ aria e ora anche il prodotto lavorato, che non vuole più nessuno.
Invece di pensare a chiudere potrebbero, i signori proprietari, pensare di fare esattamente il contrario: puntare sulla qualità del prodotto, e su quella della materia prima ovviamente.
Invece di riempire , come fanno ora, camion su camion di rifiuti solidi urbani da mandare ai termovalorizzatori di mezza Lombardia, i signori proprietari potrebbero cambiare fornitori.
Dove andare a prendere tutta la carta straccia necessaria?
Dove? Ma a Ponte, Erba e in tutta la provincia non si fa forse, e con risultati da primato, una ottima raccolta differenziata?
E perché questa carta, riciclata qui vicino, non viene usata al posto di quella che viene da province e regioni lontane, secondo percorsi che “ puzzano” di traffico illegale di rifiuti?
Sarebbe molto più semplice da controllare e sarebbe ,anche per le amministrazioni comunali , un motivo di orgoglio: i sindaci potrebbero dire: “qui ricicliamo bene ,produciamo la migliore carta della Lombardia, e diamo anche lavoro, perché la cartiera non chiude.....”
E ,visto che stavamo  immaginandoci un incontro positivo , ci era venuto anche in mente un finale perfetto, che faceva così : “sapranno sicuramente, i signori proprietari, che in questa frazione di Pontelambro la carta si lavora da secoli. La frazione , in dialetto, la chiamiamo ‘Fola’ mica per niente. La carta è nella storia di questi posti , e deve rimanere nella memoria collettiva. E allora, come si fa in molti paesi europei, perchè non destinare una parte degli edifici della cartiera , magari quelli ottocenteschi, ad un museo- laboratorio sulla storia della carta, dove studenti e adulti possono sperimentare le tecniche tradizionali e vedere come si produce oggi?
I signori proprietari sapranno sicuramente che , se ben fatta , anche l’archeologia industriale rende economicamente e crea posti di lavoro, anche nell’ indotto. Perchè allora non ci provano, almeno?”
Purtroppo le nostre peggiori previsioni si sono avverate  e le abbiamo lette sulla stampa locale.  I padroni della cartiera non vogliono sentir ragioni:
il destino dei lavoratori  è incerto ( non sono partiti i licenziamenti , evidentemente onerosi per l’azienda)  e pare sia rimasto a metà il solito “ spezzatino”: tre operai di qua, due di là, tre.. ci dispiace tantissimo! 
E una fabbrica grande un ettaro che chiude. Per sempre.