COMO SENZA FRONTIERE: Quando la cosiddetta sicurezza uccide
Un migrante georgiano di 38 anni, Vakhtang Enukidze, è morto all’Ospedale di Gorizia in seguito alle lesioni riportate all’interno del Centro di Permanenza per i Rimpatri (CPR) di Gradisca. Diverse le versioni dell’accaduto. Secondo quella ufficiale ci sarebbe stata una rissa tra “detenuti”, mentre l’associazione “No Cpr e no frontiere Fvg” ha riportato la testimonianza di un altro recluso nel CPR secondo cui la vittima sarebbe stata picchiata dalle guardie carcerarie, forse dopo atti di autolesionismo. Nel pomeriggio di lunedì 20 gennaio, all’interno del CPR di Gradisca si dovrebbe svolgere un sopralluogo del garante nazionale per i diritti delle persone recluse, Mauro Palma, con l’obiettivo di accertare in modo più preciso i fatti.
L’accaduto, nonostante le incertezze nella ricostruzione (su cui non possiamo avere informazioni di prima mano), mostra con ogni evidenza quanto siano gravi le condizioni all’interno dei CPR: non solo essi sono luoghi di detenzione amministrativa e quindi si collocano di fatto al di fuori della legittimità della pena, poiché detengono persone che non hanno commesso alcun reato ma semplicemente non ottemperano (magari anche solo temporaneamente) a regole amministrative, ma soprattutto sono istituzioni che – in nome di una sbandierata “sicurezza” – non garantiscono affatto i minimi requisiti di sicurezza e umanità a coloro che vi vengono reclusi.
Le persone che si trovano nella “custodia” delle istituzioni dello Stato devono essere protette al di là di ogni ragionevole dubbio, non possono e non devono essere oggetto di violenza, e ancor meno della violenza delle istituzioni. La loro morte dovrebbe interrogare in modo radicale prima di tutto le istituzioni.
Tutte le realtà che si occupano dell’epocale fenomeno delle migrazioni hanno denunciato in questi anni l’inadeguatezza e addirittura l’inumanità delle misure adottate. Contro i CPR si è levata alta la protesta della società civile, di chi opera nel settore e di chi è esperto di questioni giuridiche relative ai migranti. Non è bastato a far cambiare linea ai governi italiani che si sono succeduti negli ultimi anni.
Ora, tragicamente, questa nuova vittima rende evidente quanto il sistema sia sbagliato, oltre che inutile. Capace solo di aggiungere dolore e morte a sofferenza.
A tutta la cittadinanza, a tutte le persone che credono nella pace come espressione di giustizia, chiediamo di rinnovare il NO ai CPR e alla gestione repressiva e insensata delle migrazioni.